di Fernando Aramburu (Guanda)
Le guerre non si limitano a uccidere. Le guerre separano, lacerano, distruggono, riverberano odio, si lasciano dietro echi di dolore e scie di rimpianti.
È attraverso la storia di due famiglie che Aramburu sceglie di raccontarci il terrorismo al tempo dell’Eta e le ripercussioni che hanno segnato la società basca. Due famiglie amiche, vicine di casa in un piccolo centro abitato da poche anime, alle porte di San Sebastián. Amici i padri – compagni nelle bevute al bar e nelle irrinunciabili gite in bicicletta -, compagne le madri quanto i figli, cresciuti insieme come fratelli.
Saranno le divergenze ideologiche a determinare l’evento funesto che li dividerà irrimediabilmente: l’uccisione del Txato, capofamiglia e piccolo imprenditore, forse per mano di Joxe Mari – figlio di Joxian, il suo migliore amico -. Lo stesso Joxe Mari che un tempo gli era affezionato; che lo chiamava “zio”.
È così che, indagando il tormento, l’angoscia, il sospetto, e l’irriducibile ostinazione dei protagonisti, Aramburu riapre antiche ferite che come piaghe purulente dolgono. Ora come allora.
Non mi resta che augurarvi buona lettura.
LA CITAZIONE:
“Leggi tutto quello che puoi. Accumula cultura. Più ne metti insieme, meglio è. Per non cadere nel buco in cui stanno cadendo in molti in questo paese.”
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